Yunus è il fondatore della Grameen Bank, di cui è stato direttore dal 1983 al 2011. Sostiene che le persone non dovrebbero lavorare per qualcun altro, ma dovrebbero avviare una propria attività.
Il 6 agosto 2024, è stato nominato Primo Ministro ad interim del Bangladesh.
Questa la sintesi delle sue teorie tratte Muhammad Yunus – Il Banchiere dei Poveri – Ed Feltrinelli
La mia esperienza in seno a Grameen mi ha infuso una fede incrollabile nella creatività umana, che mi ha portato a pensare che l’uomo non sia nato per patire le miserie della fame e dell’indigenza; se oggi soffre, e ha sofferto in passato, è perché noi distogliamo gli occhi dal problema. Ho maturato la certezza, solida e profonda, che, se davvero lo vogliamo, possiamo realizzare un mondo senza povertà.
Questa mia convinzione non discende da un pio desiderio, ma dalle prove concrete che ho raccolto nell’esperienza di lavoro con la Banca Grameen.
Ciascuno di noi ha un potenziale illimitato, e può influenzare la vita degli altri all’interno delle comunità e delle nazioni, nei limiti e oltre i limiti della propria esistenza. In ognuno di noi si cela molto più di quanto finora si sia avuto la possibilità di esplorare. Fino a che non creeremo un contesto che ci permetta di scoprire la vastità del nostro potenziale, non potremo sapere quali siano queste risorse.
Se prendiamo sul serio i nostri compiti non potremo che arrivare là dove abbiamo pensato ovvero costruire un mondo senza povertà
In principio le banche mi hanno detto che i poveri non erano solvibili. `Come fate a saperlo,’ ho obiettato, `senza averli mai messi alla prova? Magari sono le banche a non dimostrarsi all’altezza.’
`Non possono dare garanzie,’ mi hanno risposto.
Noi lavoriamo con la gente più povera di uno dei paesi più poveri del mondo: donne dei villaggi che non hanno un fazzoletto di terra e in tutta la loro vita non hanno mai toccato denaro; donne che non sanno né leggere né scrivere, donne che non osano stare in piedi davanti a un uomo e nascondono il viso in presenza di estranei.
Bene, lavorando con queste persone abbiamo un tasso di recupero superiore al 98 per cento!
“Ci è stato detto che se anche fossimo riusciti a prestare denaro a qualcuno di quei poveri, e a farcelo restituire, non avremmo mai potuto ingrandirci al punto da raggiungere un numero apprezzabile di villaggi. Eppure oggi siamo presenti in 36.000 villaggi, più della metà dei villaggi del Bangladesh, e abbiamo un organico di dodicimila persone.
Ci è stato detto che dovevamo concedere prestiti ai capifamiglia, generalmente maschi. ci siamo rivolti principalmente a donne al più estremo grado d’indigenza, e sono state quelle donne la nostra arma più efficace per combattere la povertà.
Oggi, tra i nostri clienti, la percentuale di donne raggiunge il 94 per cento.
Ci è stato detto che i minuscoli prestiti che facevamo (in media 150 dollari l’uno) non potevano creare reddito sufficiente a modificare le condizioni di vita di una famiglia; che la miseria era troppo radicata perché simili azioni potessero avere una reale incidenza.
Ma studi condotti da organismi indipendenti hanno accertato che i nostri clienti assistono a un regolare miglioramento del proprio livello di vita: in dieci anni metà sono arrivati a superare la soglia di povertà e un altro quarto si appresta a superarla. “Da numerose indagini risulta inoltre che i nostri mutuatari presentano un quadro migliore rispetto alle altre famiglie quanto ad alimentazione, mortalità infantile, uso dei contraccettivi, condizioni igieniche e disponibilità di acqua potabile; i nostri prestiti per la casa hanno fornito un tetto a 350.000 famiglie, mentre altre 150.000 si sono costruite un alloggio con i proventi derivanti dalle attività intraprese con l’aiuto di Grameen.
Ci è stato detto che Grameen non avrebbe mai raggiunto una solidità finanziaria tale da potersi svincolare dalla necessità dei sussidi. Oggi le nostre filiali sono produttrici di reddito e operano esclusivamente alle condizioni di mercato avvalendosi di prestiti presso le banche commerciali.
Grameen è attualmente l’istituto finanziario più sano del Bangladesh.
Con mia grande sorpresa, ho dovuto io stesso constatare che la restituzione dei prestiti senza garanzia è molto più sicura di quando i prestiti sono altamente garantiti.
Di fatto, la percentuale di rimborso dei nostri prestiti è del 98 per cento, perché i poveri sanno che quella è la loro unica occasione, al di là della quale non ci sono alternative.
Quanto più mi addentravo nel progetto, tanto più acquisivo la certezza che, passando per le mani delle donne, il credito portava cambiamenti più rapidi di quando era gestito dagli uomini.
La pratica ci ha dimostrato che le donne si adattano meglio e più rapidamente degli uomini al processo di autoassistenza. Sono più attente, si preoccupano di costruire un futuro migliore per i figli, dimostrano maggiore costanza nel lavoro.
D’altra parte, l’uomo ha una diversa scala di valori, all’interno della quale la priorità non va alla famiglia: quando il maschio povero dispone di un reddito maggiore rispetto a quello indispensabile per la sopravvivenza, pensa innanzitutto a soddisfare le proprie esigenze personali. Perché, quindi, volendo aiutare la famiglia, Grameen deve fare riferimento agli uomini? Quando una madre povera comincia a guadagnare un po’ di denaro, il suo pensiero è subito per i figli, che in genere occupano il primo posto nella sua gerarchia. Al secondo posto viene la casa: la donna acquisterà qualche utensile, rinforzerà il tetto, apporterà qualche modifica per migliorarne la vivibilità. Una volta una delle nostre donne era tanto contenta, che trascinò un giornalista a vedere il letto a una piazza che era riuscita a comperare per sé e i suoi figli. Se tra gli obiettivi dello sviluppo figurano il miglioramento delle condizioni di vita, l’abolizione della miseria, l’accesso a un lavoro dignitoso, la riduzione delle ineguaglianze, è del tutto naturale partire dalle donne.
Gli studi condotti da Grameen per confrontare come il credito viene utilizzato da parte degli uomini e da parte delle donne, fanno pendere inevitabilmente la bilancia a favore di queste.
La parola “credito” significa propriamente fiducia. Nel sistema bancario tradizionale, tuttavia, vige soltanto la diffidenza reciproca. Al giorno d’oggi le banche tendono a sospettare ogni debitore di voler scappare con il denaro; lo tengono quindi legato con clausole di ogni genere, studiate attentamente dagli avvocati. Per Grameen, al contrario, il presupposto di partenza è che i debitori siano onesti. Ci si potrà accusare di ingenuità, ma resta il fatto che questo ci risparmia il fastidio di compilare montagne di documenti. E nel 99 per cento dei casi la nostra fiducia è ricompensata. Gli insolventi rappresentano appena l’un per cento dei clienti.
Noi ci differenziamo dalle banche convenzionali su quasi tutti i punti. Per esempio, una banca commerciale convenzionale studia i bilanci e fonda le sue decisioni su criteri quali il rapporto debito/interesse, la redditività, il valore attuale netto, i piani di rimborso. Per una banca commerciale la scala di riferimento è la seguente: 1) il mercato, la domanda e l’offerta; 2) il prodotto; 3) il cliente. Gli impiegati lasciano raramente l’ufficio e passano le giornate a studiare i numeri e le percentuali, ad analizzare i costi e i rapporti; a valutare la solvibilità dei clienti e i loro giustificativi di garanzia.
A Grameen tutto questo non accade, anzi è formalmente vietato. I nostri clienti non devono dimostrare quanto sono ricchi, quanto hanno risparmiato, bensì quanto sono poveri, quanto sono realmente privi di risorse.
In una banca convenzionale i banchieri sono responsabili soltanto di fronte agli azionisti, che si attendono i massimi profitti entro i limiti fissati dal governo e dai grandi regolatori economici. Anche noi siamo responsabili di fronte agli azionisti. Ma, a parte l’8 per cento detenuto dal governo, i nostri azionisti sono anche i nostri clienti; in questo siamo più simili alle banques mutuelles francesi o alle società d’investimento e di credito immobiliari diffuse in Inghilterra.
Per Grameen i bisogni e il benessere della gente vengono al primo posto. Tutto il resto non è che un mezzo per far avanzare il nostro obiettivo, che è quello di trasformare la vita dei nostri membri e delle persone che dipendono da loro. Per valutare se abbiamo assolto al nostro compito non guardiamo ai calcoli delle morosità o alle percentuali di rimborso, che ovviamente registriamo per i conteggi interni della banca, ma piuttosto al fatto che le vite difficili e sventurate dei nostri membri siano diventate un po’ meno difficili, meno sventurate.
Tra gli scopi principali di Grameen vi è quello di favorire non solo dei cambiamenti economici, ma anche dei cambiamenti sociali. Vogliamo che le donne, per secoli considerate cittadini di seconda classe, prendano in mano il proprio destino e quello delle loro famiglie.
È sorprendente come il microcredito funzioni con naturalezza quasi “biologica”: l’investimento di capitale, nell’ordine delle grandi o delle piccolissime cifre, crea sempre dividendi, rappresenta sempre un impulso per la vita economica e creativa; unendo al capitale in denaro il proprio capitale umano, le persone migliorano la propria vita e la realtà dell’ambiente in cui vivono.
La ricaduta benefica del microcredito non è solo politica ma anche sociale: grazie all’attività economica, le donne poverissime del Bangladesh, che prima vivevano recluse per via del purdah, hanno la possibilità di muoversi e di parlare con altre donne.
A differenza del personale delle altre banche, i nostri funzionari si pongono soprattutto come insegnanti.
E lo sono nel senso che insegnano ai propri clienti a sviluppare appieno il proprio potenziale, a scoprire i propri punti di forza, ad ampliare i propri orizzonti e le proprie capacità in modi fino a quel momento inediti.
Attualmente sono cinquantotto i paesi che ospitano programmi di credito ispirati a Grameen.
Innanzitutto, direi che la teoria microeconomica – che gioca un ruolo fondamentale nel quadro analitico dell’economia – è incompleta: l’individuo vi figura o come consumatore (nell’ambito della teoria dei consumi) o come produttore (nell’ambito della teoria della produzione). La teoria della produzione comincia con la funzione di produzione: data una tecnologia, in che modo un imprenditore può unire lavoro e capitale per ottenere determinati livelli di produzione? E da questo si passa alla teoria dell’impresa
Trascurando la vivace realtà del lavoro indipendente, la “scienza” dell’economia si è allontanata dalla sua vocazione sociale per diventare sempre più una semplice scienza degli affari.
Entusiasmo e l’intelligenza degli economisti sono sempre stati rivolti a indagare il fenomeno e le cause della ricchezza, mai il fenomeno e le cause della povertà.
Di povertà si parla soltanto nel quadro della cosiddetta economia dello sviluppo, un ramo collaterale dell’economia che si è andato delineando dopo la Seconda guerra mondiale. Ma l’economia dello sviluppo non ha mai acquisito una propria fisionomia, e sostanzialmente si è limitata a reinterpretare le teorie economiche dominanti, applicandole alla situazione degli stati postcoloniali divenuti da poco indipendenti.
Yunus e i suoi collaboratori cominciarono a battere a piedi centinaia di villaggi del poverissimo Bangladesh, concedendo in prestito pochi dollari alle comunità, somme minime che servivano per attuare iniziative imprenditoriali. Tale intervento ha avviato un circolo virtuoso, con ricadute sull’emancipazione femminile, avendo Yunus fatto leva sulle donne affinché fondassero cooperative che coinvolgessero ampi strati della popolazione.
Il “sistema Yunus” ha provocato un cambiamento di mentalità anche all’interno della Banca Mondiale, che ha cominciato ad avviare progetti simili a quelli della Grameen. Il microcredito è diventato così uno degli strumenti di finanziamento utilizzati in tutto il mondo per promuovere lo sviluppo economico e sociale, diffuso in oltre 100 Stati, dagli Stati Uniti all’Uganda. “In Bangladesh, dove non funziona nulla – disse una volta Yunus – il microcredito funziona come un orologio svizzero”.
Con il passare del tempo la Grameen Bank ha realizzato soluzioni diversificate per il finanziamento delle piccole imprese. Oltre al microcredito, la banca offre mutui per la casa e per la realizzazione di moderni sistemi di irrigazione e di pesca, nonché servizi di consulenza nella gestione dei capitali di rischio e, alla stregua di ogni altra banca, di gestione dei risparmi.
Il successo della Grameen ha ispirato numerosi altri esperimenti del genere nei paesi in via di sviluppo e in molte economie avanzate. Il modello del microcredito ideato dalla Grameen è stato applicato in oltre 20 Paesi in via di sviluppo: molti di questi progetti, come avviene per la Grameen stessa, sono imperniati soprattutto intorno al finanziamento di imprese femminili. Più del 90% dei prestiti della Grameen è infatti destinato alle donne: tale politica è motivata dall’idea che i profitti realizzati dalle donne siano più frequentemente destinati al sostentamento delle famiglie.